La domanda che circola tra gli analisti del settore è se la Banca centrale americana sospenderà o meno i rialzi dei tassi per l’intero 2016, anno elettorale, dato che il quadro globale è ancora fragile. "Restiamo convinti che per l’oro un potenziale upside rimanga estremamente limitato per i prossimi anni, continuando a scambiare in un range ristretto tra i 1.050 e i 1.350 dollari l’oncia - il parere di Nevine Pollini, Senior Analyst Commodities di Union Bancaire Privée (UBP) - a patto che, ovviamente, le crisi politiche in atto in tutto il mondo non peggiorino".
Via via che il mercato si è convinto del primo rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve, collocandolo il 16 dicembre, il rafforzamento del dollaro ha avuto un impatto importante sull’oro, spingendolo ai minimi quinquennali, pari a 1.064 dollari l’oncia. Il metallo giallo ha poi registrato un breve rimbalzo il 16 novembre, salendo fino a 1.097 dollari l’oncia, grazie alla fuga verso i beni rifugio legata agli attacchi terroristici di Parigi. Tuttavia, poiché questi eventi non sono stati percepiti come segnale di un accresciuto rischio geopolitico mondiale, le quotazioni hanno rapidamente perso smalto. "Restiamo quindi cauti sull’oro, anche se riteniamo che un rialzo di 25 punti base da parte della Fed sia stato ormai incluso nei prezzi”, dice Pollini.
Le prospettive dell’economia cinese sono l’elemento chiave per la performance dei metalli base. Ma finora il taglio dei tassi e i numerosi progetti infrastrutturali annunciati da Pechino, insieme ai tagli alla produzione, sembrano non aver avuto alcun effetto. Secondo Ubp bisognerà attendere ulteriori stimoli da parte della PBoC per assistere a qualche impatto sui metalli di base. "In ogni caso, lo spostamento di Pechino da un’economia trainata dalle esportazioni e dalla spesa in asset fissi a una guidata dai consumi continuerà a costituire un grosso problema per il settore dei metalli base”, conclude Pollini.
(fonte Finanza.com)