lunedì 29 giugno 2015

Investimenti in oro, possibilità di crescita prezzo grazie alla Banca di Cina

Cambia lo scenario mondiale degli investimenti in oro: la Banca di Cina è entrata nel fixing del metallo e questo potrebbe causare nel prossimo futuro una crescita del prezzo.

Si tratta di uno dei cambiamenti recenti più importanti nel mercato aureo, un verogame-changer per tutti gli operatori e gli investimenti in oro. Pochi giorni fa la Banca di Cina è diventata il primo istituto di credito asiatico a entrare nel ristretto club delle “banche dell’oro”, che già comprende tra i suoi membri nomi come Goldman Sachs, JP Morgan, Barclays, Société Générale, HSBC, The Bank of Nova Scotia e UBS.

Per molti, si tratta una decisione quasi inevitabile: la Cina è infatti il più grande produttore di oro sul pianeta (e insieme all’India, consumatore) e non era realistico tenerla ancora fuori dai giochi. Soddisfazione nelle parole di Yu Sun, General Manager della filiale londinese di Bank of China e CEO di Bank of China UK: «Siamo orgogliosi di essere la prima banca cinese e asiatica a partecipare all’asta per il prezzo dell’oro».

Per gli analisti si tratta solo dell’ultimo atto – almeno per ora – delle manovre cinesi per arrivare a un controllo sempre più stretto nel settore degli investimenti in oro, nonché alla creazione di un riferimento di prezzo in yuan, per promuovere la valuta nazionale.

La Cina, come la Russia, sta acquistando ormai da anni il prezioso metallo malgrado le sue riserve già ingenti, e le sue possibilità di determinazione del prezzo dell’oro adesso sono davvero concrete. In altre parole, sembra che l’ago della bilancia si stia spostando sempre di più da occidente verso oriente, considerando anche che dal fixing di Londra l’anno scorso è uscita la Deutsche Bank. Bisognerà attendere ancora qualche tempo per vedere come questi cambiamenti si rifletteranno sugli investimenti in oro.

martedì 23 giugno 2015

La Cina scuote il mercato dell'oro

Qualcosa di importante accade nel mercato dell’oro. L’LBMA annuncia l’ingresso della Bank of China nel processo per generare il fixing del prezzo dell’oro. Atto più che dovuto: la Cina è il più grande produttore e consumatore di oro al mondo.

Siamo davanti ad un evento di portata storica: il mondo si apre finalmente allo sconfinato mercato asiatico. 

"Siamo orgogliosi di diventare la prima banca cinese e asiatica a partecipare all’asta che viene fatta per determinare il prezzo dell’oro all’LBMA" ha detto Yu SUN, General Manager della Bank of China filiale di Londra e CEO, Bank of China (UK) Limited.

"Bank of China è entrata nell’LBMA (come membro iniziale) nel 1987, ed ha partecipato attivamente nel business del trading dell’oro a Londra per oltre quarant’anni. Pur essendo il più grande consumatore e produttore di oro mondiale, la Cina non ha mai svolto un ruolo importante nella fissazione del prezzo ufficiale dell’oro. La partecipazione diretta della Cina nel fixing dell’oro rafforzerà la connessione tra il mercato interno cinese e i mercati esteri, portando il prezzo dell’oro a riflettere meglio la domanda e l’offerta di oro Cinese e contribuendo a promuovere l’internazionalizzazione del mercato dell’oro cinese".

Con la Cina che entra nel fixing dell’oro di Londra, l’Oriente continua ad aumentare il suo peso nello scacchiere economico e politico mondiale.
L’anno scorso la Deutsche Bank è invece uscita dal fixing di Londra. Per una banca occidentale che ha lasciato, una banca orientale che entra.

I cambiamenti in atto sono profondi. Anche considerando che dal 20 Marzo l’LBMA ha lanciato – per la prima volta nella storia – il processo di fissazione del prezzo dell’oro elettronico (pensate che fino a poco tempo fa il fixing dell’oro avveniva ancora per telefono, mediante accordo fra le Banche che partecipano alla determinazione del prezzo).

Questa è senza ombra di dubbio una notizia che avrà importanti ripercussioni sul prezzo dell’oro, ma gli effetti non sono quelli di una “sparata e via” di breve termine. L’entrata della Cina nel fixing dell’oro impatterà in misura importante sul prossimo futuro dei prezzi del metallo.

giovedì 18 giugno 2015

India: come utilizzare al meglio la grande quantità di oro posseduta...

L’India ha molto oro, ma il governo del subcontinente asiatico continua a mostrare enormi fatiche nel monetizzare l’imponente quantità di metallo prezioso.

A tale fine, l’esecutivo indiano ha cercato di varare una serie di iniziative che puntano a sensibilizzare la cittadinanza sulla possibilità di utilizzare in maniera più proficua l’oro detenuto nei cassetti o presso i templi, dove spesso vengono consegnati oggetti votivi. Una serie di iniziative che si inseriscono nell’ambizioso piano di utilizzare e ottimizzare le quantità di oro detenute dai soggetti privati, per scopi che potrebbero essere più utili all’economia.

Stando alle più recenti stime compiute dal governo di Delhi, i cittadini indiani posseggono circa 20 mila tonnellate di metallo prezioso, riposto nelle proprie abitazioni o depositati presso i templi induisti. Una quantità che difficilmente può essere accertata con un ragionevole grado di precisione (secondo alcuni analisti la cifra è sottostimata) e che risulta comunque essere più che doppia rispetto a quanto detenuto dalla Federal Reserve, prima banca centrale al mondo per scorte di oro, con una stima di metallo prezioso che supera le 8 mila tonnellate. Che fare, dunque?

Ebbene, tra le varie iniziative predisposte dal governo, c’è anzitutto la possibilità che i cittadini possano consegnare spontaneamente l’oro in banca. La quantità minima che i clienti potranno portare negli istituti di credito è fissata in 30 grammi (l’equivalente di circa 1.250 dollari), in cambio dei quali il cliente riceverebbe una cedola periodica. All’istituto bancario verrà invece consentito di utilizzare l’oro per poterlo a sua volta prestare, vendere o accantonarlo a riserva. Secondo il governo, tale monetizzazione dell’oro dovrebbe permettere all’economia di conseguire un facile stimolo alla crescita, andando pertanto a rendere fruibile e smobilizzare una parte dell’imponente ammasso di oro che giace, inerme, nei cassetti o nei tempi.

In ogni caso, difficilmente la sola iniziativa di cui sopra servirà per invertire una tendenza ben consolidata (ed ecco perché il governo sta approntando nuove misure). In India le centinaia di milioni di fedeltà induiste potrebbero non lasciarsi convincere dalla possibilità di monetizzare il proprio oro, considerato che nel Paese è tradizione religiosa utilizzare gli oggetti preziosi per ricorrenze di importante natura, e non per altri scopi.

lunedì 15 giugno 2015

Anche l'Austria rimpatria le sue riserve auree...

Dopo la Germania e i Paesi Bassi, un altro paese ha ufficialmente ingrossato le fila delle nazioni che stanno rimpatriando il proprio oro: l’Austria rimpatrierà 140 tonnellate d’oro dalla Banca d’Inghilterra entro il 2020, portando così le riserve detenute al 50% rispetto all’attuale 17%. La Banca d’Inghilterra che attualmente detiene l’80% dell’oro austriaco ne deterrà così solo il 30%.

La notizia è stata pubblicata dal quotidiano “Kronen Zeitung” trovando ampia eco nei media specializzati di tutto il mondo: Vienna ha deciso infatti di riportare entro i confini nazionali ben 140 tonnellate d’oro attualmente stoccate presso la Bank of England
L’Austria, che possiede complessivamente 280 tonnellate di riserve strategiche in metallo prezioso, avrebbe infatti in mente di arrivare presto a custodire in proprio almeno metà dell’oro nazionale che oggi, invece, per l’80% è collocato all’estero.

Dal 2007, dopo aver monetizzato circa 40 tonnellate del proprio stock aureo approfittando delle quotazioni da primato che si registrarono in quel periodo, la Repubblica d’Austria non ha più effettuato operazioni sulle riserve auree, né in acquisto né in vendita. 

La recente decisione della Oesterreichische NationalBank viene collegata da Koos Jansen con quanto sostenuto dalla Corte dei Conti austriaca la quale, lo scorso febbraio, in un rapporto ufficiale aveva rilevato nell’attuale dislocazione delle riserve auree un “rischio da concentrazione” sottolineando, inoltre, come l’accordo con la Bank of England mostrasse notevoli “carenze” e lasciasse, al governo e alla banca centrale di Vienna, poca libertà di controllo e verifica delle proprie dotazioni in metallo prezioso.

mercoledì 10 giugno 2015

Investire in lingotti...

Dall'anno duemila, a un risparmiatore privato italiano è permesso detenere anche oro fino, cioè non lavorato.


"I lingotti d'oro possono essere di diverse dimensioni – spiegano gli esperti della società di consulenza finanziaria Gwa Sim – ma il loro valore al grammo è inversamente proporzionale al peso: 1000 lingotti da un grammo costano più di un unico lingotto da un chilo, per via dei costi di produzione. E' consigliabile l'acquisto di lingotti da investimento del peso di circa 12,5 Kg; si tratta di lingotti acquistati nei mercati regolamentati dell'oro e rifiniti da un raffinatore autorizzato. Questi lingotti hanno un numero di serie, almeno il 99,5% di purezza e un peso certificato ufficialmente. Il processo di verifica è chiamato "saggiatura".

I lingotti che passano questo severo test di verifica sono classificati come lingotti Good Delivery dal mercato professionale dell'oro e mantengono lo status finché sono conservati all'interno di caveau accreditati nel mercato riconosciuto dell'oro (formato da banche e altri intermediari autorizzati). 

All'interno di questo mercato, viene registrato ogni spostamento di un lingotto tra caveau autorizzati. Così si crea la catena dell'integrità, che si spezza quando il lingotto esce dal caveau autorizzato; per esempio qualora venga ritirato dal risparmiatore e depositato in una cassetta di sicurezza. 
L'oro che rimane all'interno del mercato viene venduto a un prezzo più alto, perché gli acquirenti professionisti lo accetteranno al suo valore, senza necessità di ripetere la saggiatura. Viceversa, se un lingotto lascia il sistema dei caveau autorizzati, perde la garanzia di purezza e rischia di svalutarsi, pena il costo di una nuova saggiatura a carico del possessore."

giovedì 4 giugno 2015

La nuova via della seta sarà lastricata di oro

Nel settembre del 2014 il governatore della banca centrale cinese (PBOC) affermava: «Il mercato dell’oro è parte importante e integrale del mercato finanziario cinese. Oggi siamo il più grande produttore, importatore e consumatore nel mondo. La PBOC continuerà a sostenerne il mercato» (Shangai News, 2014-09-19).


Il gold standard cinese, in sostanza, già esiste: la popolazione da anni è stata incentivata a comprare oro. In altre parole la Cina si è garantita contro il collasso del sistema monetario occidentale, un sistema senza fondamento perché basato su credito inesigibile.

Nel 2009 la Cina annunciava 1059 tonnellate di riserve auree e da allora, come da tradizione, si è imposta un silenzio ufficiale. La maggior parte degli osservatori stima oggi il livello delle sue riserve in 5000 tonnellate. Ma qualche analista ritiene che oscillino tra 20.000 e 25.000 tonnellate. 
L’obiettivo della Cina, comunque, è di arrivare a 30.000 tonnellate. Qual è il significato di questa cifra? Ipotizzando un prezzo di $4700 ad oncia (contro i $1200 attuali), il valore di tale disponibilità in oro coprirebbe l’intero valore delle attuali riserve valutarie cinesi (crediti) di $4 trilioni. 

Nel caso questa «ricchezza digitale» occidentale collassasse, la Cina incasserebbe il premio di assicurazione. Già, ma in che modo l’oro raggiungerà questo ipotetico prezzo? 

Semplice: per la Cina basterà annunciare il possesso di sole 10.000 tonnellate (che nessun singolo paese detiene) che il mercato si sveglierà di colpo e comincerà la corsa sfrenata sia allo yuan che all’oro. E siccome l’oro non si crea al computer, la domanda a fronte di un’offerta limitata, lo spingerà a valori stellari. Questo, in sintesi, il piano B della Cina: con il dollaro sul viale del tramonto e l’euro in disarmo, la Nuova via della seta sarà finanziata in yuan.

lunedì 1 giugno 2015

Dalla Cina arriva il maggiore fondo di investimenti in oro...

Veicolo da $16 miliardi nasce con l'obiettivo di puntare su progetti minerari in Cina e allargare la sfera di influenza della seconda economia al mondo.


In un universo degli investimenti dove ormai l'unico bene sicuro in grado di offrire una garanzia a lungo termine viene considerato l'oro da diversi analisti, l'Asia rappresenta il continente dove la domanda è più alta.

La Cina non fa eccezione e Pechino ha appena provveduto a creare il fondo più grande di investimenti nel metallo prezioso.

Il veicolo di investimento da 100 miliardi di yuan (16 miliardi di dollari) nasce con l'obiettivo di puntare su progetti minerari in Cina e al contempo ampliare la sfera di influenza della seconda economia mondiali sui mercati dell'oro su scala internazionale.

Il Silk Road Gold Fund, che sarà gestito dall'operatore di mercati Shanghai Gold Exchange e da altri soggetti, è legato al progetto gigantesco della Cina, New Silk Road, per stringere maggiori alleanze con i Paesi del Sudest Asiatico.

Negli ultimi anni la richiesta di oro in Asia è arrivata a rappresentare oltre il 70% del mercato complessivo.